venerdì 2 dicembre 2011

da. bezuchov.splinder.com del 19 novembre 2011

«Vi chiedo una fiducia vigilante, non cieca. Ma se noi faremo un buon lavoro prima di toglierci la fiducia dovrete tenere conto di quali conseguenze ci saranno sulla fiducia dei cittadini in voi».

(M. Monti, nel discorso di replica per la fiducia alla Camera dei deputati di venerdì 18 novembre 2011).

Parole insolite, parole severe, che concernono coloro ai quali erano direttamente rivolte, ma concernono anche noi, ossia i cittadini e la nostra fiducia, posto che non è molto frequente, nella nostra storia, che noi - i cittadini - abbiamo esercitato una vigilanza sull'operato dei nostri rappresentanti funzionale all'esercizio di una fiducia, che fosse espressione di un giudizio critico basato sul parametro del bene comune; anzi, più frequentemente abbiamo preferito dare la nostra approvazione a politiche che non meritavano fiducia, ma che costituivano la garanzia della possibilità di fare i nostri comodi, per quanto inconfessabili potessero essere. Ci sono piaciuti (ci piacciono) i condoni, ci è piaciuta (ci piace) l'evasione fiscale, ci siamo avvalsi (ci avvaliamo) dell'illegalità e del blando, se non nullo rispetto delle regole più elementari e per questo abbiamo stipulato uno sfiduciatopactum sceleris con chi ci rappresenta e ci amministra, in base al quale ognuno sia messo in condizione di perseguire i propri interessi senza riguardo per il pregiudizio arrecato all'interesse generale, quello pubblico, al bene comune. Un patto sfiduciato, nel senso di propriamente fondato sulla sfiducia reciproca , ma anche sulla tolleranza reciproca in ordine al rispetto delle regole, un patto, cioè, che si regge sulla sistematica negazione, da parte dei cittadini, della fiducia nella capacità e nella volontà stessa di coloro ai quali è affidata la cosa pubblica di perseguire il bene comune, mantenendosi concentrati sul perseguimento dei loro affari personali, purché, reciprocamente, si lasci fare, si lasci passare. Il che rivela di quale profondo disprezzo sia innervata l'opinione dei nostri rappresentanti sul nostro conto di cittadini e perfino di esseri umani, quale disprezzo essi abbiano di quel popolo, alla sovranità del quale si richiamano quando serve per giustificare e legittimare i loro interessi personali o, nella migliore delle ipotesi, di parte.

Le parole di Monti attingono ad un'altra, profondamente diversa e più complessa visione delle cose e ci pongono, pongono a noi cittadini, il compito di vigilare: compito che costituisce il fondamento razionale oltreché giuridico del vigilare di coloro ai quali il Presidente del Consiglio dei ministri direttamente si rivolge nel suo discorso: se manca la nostra, anche la vigilanza dei rappresentanti viene meno. Qui risiede la vera essenza della democrazia rappresentativa parlamentare, che con le chiacchiere sulla sospensione della democrazia che con questo governo staremmo sperimentando, proprio non hanno nulla a che vedere: queste ultime, appunto, sono chiacchiere da bar, pronunciate dai professionisti delle chiacchiere, noti voltagabbana che cercano l'attenzione dei loro simili sbraitando o pronunciando frasi ad effetto; le parole scolpite dal Presidente de Consiglio dei ministri semplicemente appartengono all'universo di ciò che sinteticamente indicherò con la parola "pensiero", senza bisogno di specificare meglio.

Non sono prono dinanzi a prof. sen. Mario Monti, attuale nostro Presidente del Consiglio dei ministri (anzi, d'istinto mi suscita poca simpatia), ma quando si esprime in modo così persuasivo e stimolante non posso fare a meno di constatare una notevole affinità umana e intellettuale; e mi compiaccio non solo di poter superare i miei moti d'isitinto, ma anche e soprattutto di potermi finalmente sentire rappresentato anche da lui: sentimento che, aldilà del connotato formale, non ho potuto in nessun modo e in nessuna occasione esperire con il precedente titolare di questa carica.